Wide Hips 69 The Gang Bang Theory

LP
Ottobre 2017
Tiratura: 300 copie

Formato: Tag
Etichetta: Area Pirata

15.00

149 disponibili

Wide Hips 69 The Gang Bang Theory

(GBT opens up to several musical influences, varying from punk to soul with a touch of glam, and tells about love, hate, anger, pride, serial wankers, coprophagists and toyboys, all that has scarred the band so much over the years to be marked on vinyl grooves!

We find a small tribute to the SHAGGS and a proper ghost track dedicated to MR INRI, composed by a mysterious figure who, ashamed of the collaboration, has preferred the anonymity (GoodbyeBoozy, Agoo Records, Ammonia Rec.)
Dobbiamo ammetterlo, abbiamo un debole particolare per le WideHips69, sicuramente uno dei motivi è perchè sono un gruppo, ma soprattutto persone, vere, proprio così come escono dai loro dischi e come si presentano dal vivo!!!
E dall’uscita di Menopause non hanno mai smesso di calcare palchi, e forse proprio perchè il palco è decisamente il loro habitat naturale, eccole che ci stupiscono: con la formula vincente “live in studio” ci consegnano in un solo pomeriggio il nuovo lavoro!!!
The GBT si apre a più influenze musicali che variano dal punk al soul con un tocco di glam e racconta di amore, odio, rabbia, orgoglio, segaioli seriali, coprofagi e toyboy, tutto ciò che nel corso degli anni ha segnato così tanto la band da volerlo marchiare nei solchi di un vinile!!!
Troviamo un piccolo tributo alle SHAGGS e una doverosa ghost track dedicata a MR INRI composta da una misteriosa figura che vergognatasi della collaborazione ha preferito rimanere nell’anonimato (GoodbyeBoozy, Agoo Records, Ammonia Rec.)
Il missaggio è stato poi affidato alle mani esperte di Mr Mat Il Bianco, che a Bristol ha messo in risalto tutta la potenza dei brani senza trascurarne la genuinità live, ed eccoci qua a far girare sul piatto disco bomba che guarda al passato con un piglio incredibilmente moderno !!!

Consigliato:

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Recensioni:

In data quattro dicembre 2014 recensivo, sempre su questa webzine, il primo disco delle Wide Hips 69 Menopause e lo facevo in termini indubbiamente molto positivi.

Alcuni mesi dopo lo stesso album finiva, con pieno merito, nella prestigiosissima playlist da me stilata e nella quale ogni gruppo rock’n’roll del globo sogna di comparire. Da allora è accaduta una cosa semplice quanto fondamentale ho conosciuto di persona le ragazze (e Gabriele) e mi sono letteralmente innamorato di loro ma non in modo platonico ma proprio nel senso fisico psichico e carnale del termine e d’altronde sfido chiunque venga a contatto con quattro splendide persone come loro a non farlo.

Nel frattempo sono passati quasi tre anni nei quali ho avuto la fortuna di vederle dal vivo ed ho bramato perché mi regalassero un altro lotto di canzoni alle quali potessi attaccarmi visceralmente come era accaduto con quelle del disco precedente. Ed eccole finalmente queste canzoni tutte belle scoppiettanti ed ispirate come non avevo alcun dubbio che fossero.

L’inizio è di quelli che si fanno ricordare ed è affidato a Heart In A Jail un brano soul-punk che fa delle Wide Hips le più credibili (le uniche) pretendenti al ruolo di Bellrays italiane e a Serial Wanker un pezzo che già conoscevo e che, fosse soltanto per li titolo e per il cantato da lolita punk-rock di Cristina, mi fa letteralmente impazzire. Partendo dall’inciso che i successivi brani mi piacciono tutti menziono giusto qualche altro titolo per far capire a chi mi legge la grandezza della band iniziando con la cover di (You Gonna Make Me) Want You di Sandi Sheldon che mette un po’ di 77 in un motore northern soul già rodatissimo e proseguendo con Parrot Man il mio pezzo pezzo preferito dove tutto funziona (potenza, melodia, feeling) la I Needed You di questo disco, Over The Moon garage-punk senza se e senza ma che travolge ogni ostacolo per chiudere con Toy Boy che, per essere gustato al meglio, lo si deve ascoltare dal vivo; perché Cri non sono mai stato il tuo toy boy mentre lo canti?

Lo è stato persino Stefano delle Carogne!

Beh immagino che si sia capito quanto io sia assolutamente poco attendibile nel parlare di una band che per me rappresenta qualcosa di più di un semplice gruppo musicale ed allora breve riassunto: grande disco,grande copertina, grande titolo e fanculo a obbiettività, imparzialità e deontologia professionale. Mai come questa volta dare un voto sarà cosa ardua se non impossibile.

Voto: 9,8/10
Luca Calcagno – IYEzine.com 03/11/2017

 

Non so se Lorena, Cristina e Daniela sanno squirtare, ma a me piace immaginare di si. E lo so, lo so bene, che questa intro è immoralmente sessista. Ma davvero non riesco a immaginare il rock ‘n roll privo di allusioni sessuali, a pensarlo mondo come un culetto di bimbo. Poi, mentre passa un disco come quello dei Wide Hips 69, a cosa vorresti pensare? Al pio bove? A son tre giorni che non piove? Il loro rock ‘n roll è infarcito di perversioni sessuali quanto i camerini dove le star che poi vanno a sfilare sul red carpet si cimentano nell’arte del “fammi sanguinare. E non dal cuore”.

Le tre ragazze di Teramo, cui si è aggiunto adesso Gabriele (paradossalmente: il loro punto G), sanno far chiasso come pochi e lo dimostrano ancora una volta con questa loro nuova Teoria della Gang Bang, che da quella del Big Bang si discosta solo apparentemente, perché tanto entrambe finiscono per generare l’assioma dei buchi neri. Per giungere alle loro conclusioni, passano in rassegna quanto ne sanno, e ne sanno, sul rock ‘n roll più impudico e più impreciso che ci sia, con chiarissime ascendenze garage (deliziosa la citazione di Cry dei Malibus nascosta sotto You’re Not Mine) e devianze assortite, come il soul-punk alla Detroit Cobras di Want You, il Motor-City sound alla Destroy All Monster di Eat My Shit.

È una teoria che a me piace. E la sostengo, non potendo sostenere altro di chi l’ha teorizzata.

Lys Di Mauro 17/04/2018


C’era una volta il rock’n’roll brutto e cattivo, quello pesante di gente tipo New York Dolls e MC5, per intendersi. Quello che precedeva di non molto, da un punto di vista cronologico, il punk-rock che sarebbe esploso di lì a poco, da cui si differenziava più per la mancanza di presa di coscienza politica che per la musica. Quello che comunque ci dava giù pesante quanto a provocazione sopra e sotto i palchi. A questo momento storico musicale si rifà il gruppo Teramano, provocatore sin dal nome scelto. Per non parlare dei titoli delle canzoni che propongono (“Serial Wankers” sono i segaioli seriali, tanto per intendersi…), infarcite di testi sconci e maleducati, che ci fanno innamorare delle WH69, band della quale si usa parlare al femminile, ma che ora ha anche un componente maschile alla batteria.
Per questo secondo album, ancora una volta su Area Pirata, le nostre propongono dieci brani, registrati in un solo pomeriggio secondo la formula “live in studio” (ma con ottimo lavoro al mixer di Mr Mat Il Bianco, che a Bristol ha messo in risalto tutta la potenza dei brani). Una formula che si dimostra vincente e regala al disco un ulteriore tocco ruvido che non dispiace, con influenze che spaziano dal (garage) punk al soul con tocchi di psichedelia. I pezzi che preferisco? “Toy boy“, brano monota tanto ignorante quanto pogabile, “(You Gonna Make Me) Want You“, un pezzo soul brutalizzato che esalta la voce di Cristina, e, manco a dirlo, proprio “Serial Wankers“.
E poi, come non innamorarsi di una band che come motto usa lo slogan “Live fat die drunk“?

Voto: 3/5
Riki Signorini – Ribelli a Vita Blog 31/10/2017

Terzo album per il quartetto abruzzese e consueta scarica di adrenalina ed elettricità. Radici ben solide nel garage punk, nel punk rock, nei riff degli Stooges e MC5 e un approccio molto vicino al classico groove di una band come i Bellrays che a quelle influenze accosta da sempre un’anima soul/rhythm and blues. Dieci brani crudi e immediati, sporchi e deraglianti come si conviene per un album riuscito e convincente.

Tony Face – Blog 07/11/2017

Riecco da Teramo la Female Band che mi era piaciuta molto nel loro Live in Studio Menopause… ho sempre detto che il riferimento a bands femminili veniva naturale come L7, Cleopatras ecc… ma credo, come detto in passato che il paragone alle Red Aunts di Exene Cervenka (The X) non era affatto azzardato. Sono passati tre anni da allora e si sente che hanno calcato i palchi vista l’energia sprigionata, i pezzi sono tutto godibilissimi ma Parrot Man è veramente uno spasso, un mix micidiale fra RNR, Punk e nu’ pizzighiello di New Bomb Turks vecchi tempi. La finale Toy Boy mi pare il motore di un Harley che parte piano piano, elegante nei movimenti e sensuale nel rumore, gran pezzo davvero… non male neanche la cover di (You Gonna Make Me) Want You di Sandi Sheldon… e Daje regà!!! Belle!! Bello anche il batterista sennò si arrabbia!

Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 02/12/2017

La fantasia femminile al potere. Le Wide Hips 69 tornano più agguerrite che mai con “The Gang Bang Theory“, il loro terzo lavoro discografico uscito il 31 ottobre per la Area Pirata, a tre anni di distanza dal precedente “Menopause”. La formula è sempre la stessa: testi osceni al limite della censura incollati con lo sputo ad un irresistibile e ruvido garage punk. Nel nuovo album la band espone la propria teoria del “gang bang“, viziosa e ammiccante parodia della più nota tesi di Alexander Friedmann sull’origine dell’universo: le Wide Hips ribaltano il paradigma del sesso debole e pongono la figura dell’uomo solo in una grande ammucchiata dominata da donne mistress che umiliano e approfittano del loro succube toy boy. (Chissà cosa ne penserà l’unico componente maschio del gruppo, il batterista Gabriele Uccello!) “Heart in the jail” è la pepata partenza sprint che apre alle forsennate “Serial wanker” e “Shaggs“. Da “Blackdoor” in poi il sound vira su frizzantine tinte soul seventies, caratterizzando così “Eat my shit” e “(You gonna make me) want you“, rivisitazione di un brano di Sandi Sheldon. “Parrot man” risulta uno dei brani più decisi, sfiammata finale che anticipa l’epilogo in discesa sonora con “Over the moon“, “You’re not mine” e “Toy boy” a chiudere il tutto. Le dieci tracce del disco fuggono veloci tra sporchi echi punk ai Sex Pistols, temi libertini e licenziosi richiami rock n’ roll come per esempio alle “sticky fingers” di stonesiana memoria che a detta del quartetto possono anche infilarsi in tutt’altro posto. In un preciso momento e contesto storico segnato da sessismo e questioni di genere, le Wide Hips 69 hanno deciso di prendere posizione in maniera netta imbracciando le chitarre e alzando il volume, sovrastando così le vacue retoriche di questi giorni con il loro punk.

Abruzzo Live Music 09/12/2017

 

Vengono da Teramo le Wide Hips 69, band 75% all female se non fosse per Gabriele l’invidiatissimo batterista, sono potenti e slabbrate e ci regalano il loro nuovo album “The Gang Bang Theory” con un certo qual senso di rude fierezza. Il loro immaginario affonda le radici tanto nei suoni delle L7 quanto delle Runaways, declinati in maniera ancora più perversa, se possibile, seguendo dettami garage e punk qua e là ingentiliti da incursioni soul e glam. Registrato in presa diretta “The Gang Bang Theory” è un vero e proprio cazzotto in faccia a cui rispondi col sorriso ebete: c’è la cover giusta ovvero (You Gonna Make Me) Want You di Sandi Sheldon, c’è l’attitude stradaiola un pò MC5 e Stooges, c’è sessimo politicalmente scorretto a go go.
Insomma anche qui 10 tracce che volano via come il pane, piacevoli, consapevoli e che guardano lontano verso altri mondi, ormai molto più prossimi.
Brave Cristina, Daniela, Lorena.

Davide Monteverdi – Razzputin Crew Milano 28/12/2017

 

Con un titolo che fa il verso ad una famosa serie televisiva, in perfetta sintonia con lo spirito sfrontato e goliardico tipico della band, le Wide Hips 69 (usiamo “le” per la preponderante componente femminile) tornano a colpire con la loro formula a base di sguaiato garage punk dal forte piglio losangelino, tanto che non è difficile immaginarle coinvolte nella scena della strip a fianco di nomi ormai leggendari di quella stagione a cavallo tra punk e hardcore ben fotografata nel libro “We Got The Neutron Bomb: The Untold Story Of L.A. Punk” di Marc Spitz e Brendan Mullen. O forse è solo una questione di attitudine iconoclasta e scanzonata, puntata dritta verso la distruzione di ogni perbenismo più o meno formale, contraria ad ogni estetica del bel suono e di ciò che va per la maggiore oggi. Chitarre che sferragliano riff micidiali, cori a cavallo tra X e Runaways, attitudine distruttiva alla Germs, qui non c’è nulla che possa far pensare all’Italia del nuovo millennio o alle moderne derive del punk satinato. Eppure è anche tutto irresistibilmente catchy, quasi stiloso nel suo minimalismo compositivo, quattro accordi, batteria up tempo e via a raccontare storie vietate ai minori con quel bollore tipico del soul che non di rado fa capolino tra le note del disco. Non manca neppure un’oncia di glam, quello più pericoloso e dal tasso alcolico più elevato, musica che prende a piene mani dal rock’n’roll e lo ricopre di paillettes e lustrini, ma rivela la vera faccia il giorno dopo, quando un risveglio traumatico mostra il trucco scolato e lascia il sapore di alcol in bocca.
Insomma, ancora una volta, siamo di fronte ad un disco tanto fuori tempo massimo quanto irresistibile e a fuoco, cui è difficile resistere e cui rivolgersi quando si è in cerca del giusto propellente per una buona dose di punk verace, verrebbe da dire musica da working class per quella distanza palpabile dallo spirito buonista che vuole mettere d’accordo tutti e non spaventare nessuno. Qui non c’è spazio per damerini e modaioli, quasi ci fosse scritto a caratteri cubitali locals only.

Michele Giorgi – The New Noise 10/01/2018

 

[…]Dall’Emilia all’Abruzzo, Teramo precisamente, con una domanda: voi ve le ricordate le Sirens? Io si, era una all female band di Detroit, fautrice di un miscuglio di Blues-Punk e Garage dal piglio (ovviamente) autoctono. Con i Wide Hips 69 – tre donne fronte palco, Daniela, Lorena, Cristina più Gabriele alle percussioni – potremmo andarci vicino a patto di aumentare esponenzialmente la percentuale Punk-Rock del composto – potremmo azzardare una ricetta avvalendoci dell’ingrediente segreto: la furia delle mitiche Donnas. Dicono di nascere come “Gruppo di sostegno per donne sull’orlo di una crisi post punk” precisamente dopo il concerto svolto dai The Sonics a Cesena nel 2010. Niente male per gente che riesce a registrare in un solo pomeriggio (con la formula del live in studio) il proprio secondo album – dopo l’esordio “Menopause“. The Gang Bang Theory si presenta come un caldo miscuglio Blues-Punk (“Eat My Shit“) accompagnato dal Garage-Rock della tradizione, qui imbastardito da una forte componente Punk (“Heart In A Jail“). Al terzo episodio troviamo uno spassoso tributo alle mitiche Shaggs – se non avete mai ascoltato “Philosophy Of The World” rimediate istantaneamente -, mentre “Over The Moon” continua nel solco irriverente e sarcastico degli ultimi Morlocks. A giudicare dalla copertina, la curiosità di vederli live aumenta.

Alessandro Rossi – Sbrang! 19/01/2018

Nuovo lavoro per i travolgenti Wide Hips 69, che dall’uscita di “Menopause” non hanno mai smesso di calcare palchi, evidentemente il loro habitat naturale. Questo nuovo lavoro lo hanno inciso live in studio in un solo pomeriggio quindi “The gang bang theory” risulta essere un disco dall’attitudine punk, diretto e totalmente privo di fronzoli e di inutili orpelli. Tuttavia, il sound non è esclusivamente punk dato che il terzetto lo miscela con il blues, in modo schematico e carico (“Backdoor“) o in modo serrato (“Parrot man“). Omaggiano The Sonics con “Over the moon” ed evocano il blues più malato – che ha accomunato i Playground ai Chrome Cranks – in “Eat my shit“. Nel disco c’è anche spazio per il rock vintage, in “(You gonna make me) want you”, infatti, il trio di Teramo miscela un caldissimo funk con soul’n’blues ed una tonalità vocale che evoca Janis Joplin. “The gang bang theory” è esclusivamente rock’n’roll. Quello più viscerale e immediato. Prendere o lasciare!

Vittorio Lanutti – Freak Out 07/03/2018

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