Not Moving Land of Nothing

LP
Aprile 2003
Tiratura: 1000 copie

Formato: Tag
Etichetta: Area Pirata

10.00

Esaurito

Not Moving Land of Nothing

(“Land Of Nothing”, the unreleased record of Not Moving, that should have been out in 1984, but for production problems it has never been published before!!)E’ uscito Land of Nothing, l’album inedito dei Not Moving che avrebbe dovuto essere pubblicato nel 1984, ma che non vide la luce per problemi con la produzione.
<Il suono dei Not Moving… fondeva il dinamico rock’n’roll bianco degli X con il blues amaro degli immensi Gun Club, secondogeniti del ’77 losangelino. Wonderful Night to Die sembra uscita dalla penna di Jeffrey Lee Pierce, il rimbombo del basso, la chitarra distorta in perenne riverbero di In The Batland ed il rock’n’roll dai toni cupi di You’re Gone Away sono un tributo al Club del Fucile di due capolavori come Miami e Las Vegas Story, la cover di Pipeline è il revival surf con dieci anni d’anticipo su Man Or Astroman, Phantom Surfers, Ups e Cosmonauti, ma tutti i 6 brani di Land Of Nothing, nonostante i quasi vent’anni che portano sul groppone, suonano ancora oggi vigorosi e (banale ma vero) attualissimi tratto dalle note di copertina di Luca Frazzi. (giornalista di RUMORE E METTALIK)

ERANO GLI ANNI ’82…
Italia, febbraio 1984. Bettino
Craxi è alla sua prima, infausta Presidenza del Consiglio,
l’irritante Cyndi Lauper sbanca le classifiche con Time
After Time, lo scudetto è cucito sulle maglie della Roma
di Falcao e Bruno Conti, Al Bano e Romina vincono il Festival
di Sanremo con Ci Sarà, io divento maggiorenne. E la migliore
rock band italiana entra in studio per registrare il suo primo
12”, Land Of Nothing.
L’Italia ‘alternativa’ è nel pieno del
marasma dark. Grigio e nero ovunque, visi pallidi, mascara, rossetti
slabbrati, chiome a salice, bigiotteria gotica di quart’ordine,
‘Rockerilla’ che elegge Firenze (con i suoi Neon,
Litfiba e Diaframma) ‘capitale del nuovo rock italiano’.
Sconfortante.
L’eccezione si chiama Not Moving. Nel 1981 Tony Face, batterista
di uno dei gruppi che contano del primissimo hardcore italiano,
i piacentini Chelsea Hotel, si unisce a Lilith (voce), Dany D.
(basso) e Paolo Shadow (chitarra) in quella che è la prima
embrionale line-up del gruppo. All’inizio del 1983 esce
Paolo ed entrano Dome la Muerte, chitarrista di un’altra
leggenda dell’hardcore italiano, i Cheetah Chrome Motherfuckers,
e Maria Severine alle tastiere. E’ questa la formazione
destinata a marchiare indelebilmente un decennio di rock, i tanto
vituperati anni ottanta. Anzi, a rappresentarli. Più dei
Litfiba, più dei Diaframma, più dei Sick Rose, anche
se con meno fortuna.
Prima del Paisley Underground, prima del garage-revival, i Not
Moving sottraggono il rock italiano alle gallerie d’arte
per ricondurlo alla dimensione che più gli è consona,
quella dei garage, delle cantine, dei piccoli club saturi di fumo
e volume.
E’ il 1982 (ricordate? Rossi-Tardelli-Altobelli, Pertini
che in aereo gioca a scopa con Zoff e Bearzot, i caroselli d’auto
a clacson spiegati, i tuffi nelle fontane…esatto, il 1982)
quando col primo 7”, Strange Dolls, irrompono sulla scena
e spiazzano tutti con il voodoo-billy psicotico di Baron Samedi
ed una cover di Wipe Out dei Surfaris. Non so se mi spiego: il
1982, quando parlare di sixties era come bestemmiare in Vaticano.
L’anno successivo arriva Movin’ Over, secondo 7”
ancora più orientato verso i nuovi suoni USA, e i pochi
illuminati stanchi della monocromatica scena post-punk inglese
intravvedono la luce alla fine del tunnel.
Per il definitivo salto di qualità però occorre
un prodotto esportabile e di una certa consistenza. Detto, fatto.
Nel febbraio del 1984 i Not Moving aprono la data milanese dei
Clash ed entrano in studio a Cavi di Lavagna, riviera ligure di
Levante, sotto la supervisione di Paul Jeffrey, all’epoca
marito di Patty Pravo (!) e fonico degli Exploited. Da quelle
sessions nasce Land Of Nothing, gemma perduta della discografia
di Tony Face e soci. Perché perduta? Perché dopo
aver provocato un discreto clamore (all’epoca tra gli addetti
ai lavori circolò un nastro che qualche rivista pensò
di recensire, creando una certa aspettativa), alla fine i 6 brani
del mini-LP non videro mai la luce. L’etichetta che doveva
pubblicarli infatti fallì ancor prima di nascere e quei
nastri rimasero per anni nei cassetti di pochi fortunati, a coprirsi
di polvere.
I Not Moving, dopo aver chiuso l’anno come support-band
di Johnny Thunders nel suo tour italiano, tornano sul mercato
all’inizio dell’85 con Black’n’Wild, un
mini-LP che ben si inserisce nel contesto del rinato interesse
per il garage-sound, ma nell’86 giocano male il jolly: quello
che doveva essere l’album della consacrazione, registrato
a Roma con grandi mezzi, si rivela un mezzo flop. Sinnermen viene
penalizzato da una pessima produzione e la band in qualche modo
perde il treno giusto.
Si rifà nell’87 con l’ottimo mini Jesus Loves
His Children e nell’88 con l’album Flash On You ma
il successo, quello con la “S” maiuscola, non arriva
più. Meglio così, per certi versi. Mentre i loro
contemporanei Litfiba iniziano un’opera di sputtanamento
che si protrae sino ai nostri giorni, i Not Moving nell’89
perdono i pezzi. Tony e Lilith per conto loro (oggi marito e moglie
con prole), Dany in Germania, Dome e Maria a trascinare un carrozzone
con le gomme sgonfie. Questo per pochi anni, prima dello scioglimento
definitivo.
Oggi l’ascolto di Land Of Nothing, a 19 anni dalla sua registrazione,
ci aiuta a capire parecchie cose. E ciò che prevale non
è il rimpianto per quel che poteva essere e che non è
stato, bensì la constatazione (una conferma, per quelli
che hanno vissuto in prima persona l’eccitazione di quegli
anni) che i Not Moving all’epoca erano davvero una grande
band. Se non l’unica, di certo la prima in Italia a coniugare
con intelligenza tradizione ed innovazione e a sposare la causa
del nuovo rock che stava tornando alle radici senza spogliarsi
dell’iconoclastia punk.
In quei giorni si parlava un po’ superficialmente dei Not
Moving come della versione nostrana dei Cramps. Io non sono mai
stato di quell’avviso. Il suono dei Not Moving, piuttosto,
fondeva il dinamico rock’n’roll bianco degli X con
il blues amaro degli immensi Gun Club, secondogeniti del ’77
losangelino. A Wonderful Night To Die sembra uscita dalla penna
di Jeffrey Lee Pierce, il rimbombo del basso, la chitarra distorta
in perenne riverbero di In The Batland ed il rock’n’roll
dai toni cupi di You’re Gone Away sono un tributo al Club
del Fucile di due capolavori come Miami e Las Vegas Story, la
cover di Pipeline è il revival surf con dieci anni d’anticipo
su Man Or Astroman, Phantom Surfers, Ups e Cosmonauti, ma tutti
i 6 brani di Land Of Nothing, nonostante i quasi vent’anni
che portano sul groppone, suonano ancora oggi vigorosi e (banale
ma vero) attualissimi.
Quello che stringete tra le mani allora non è soltanto
un pezzo di storia. Non è soltanto uno dei migliori dischi
rock italiani degli anni ottanta, il capitolo mancante della discografia
di una band colta nel suo momento di massima creatività.
E’ soprattutto materia rock, calda e pulsante. Onestamente:
di quanti altri dischi del periodo si può dire lo stesso?

– Luca Frazzi –

Consigliato:

HAI SENTITO IL DISCO?

Recensioni:

La storia dei Not Moving, almeno fino all’uscita di Jesus Loves His Children nell’87, è una delle poche che valga la pena di essere narrata tra quelle che hanno attraversato il corso del r’n’r prodotto in Italia…
Nessuno, né allora né dopo, avrebbe più avuto le potenzialità per mettere d’accordo tutti: la loro elettricità acida e noir era percorsa da brividi voodoobilly, sciamanesimo dark, blues sepolcrale, surf psicotico, eleganza sixties deformata dalla furia debordante del punk suburbano.
Da perfetti bimbi incoscienti e traviati si infilarono nel marasma depresso-intellettuale in cui si era cacciata la faccenda musicale giovanile di quegli anni e gli centrifugarono le viscere, presero i cadaveri traballanti di Gene Vincent e Eddie Cochran e li misero a sedere sopra i loro ampli rattoppati, rubando le torbide derive metropolitane losangeline di X e Gun Club e alitandole sopra i fantocci di Stiv Bators e Johnny Thunders.
Ora esce finalmente il loro lost-album, quel Land of Nothing sepolto per ben 19 anni (!!!) nei cassetti di Paolo Bedini e come allora ci si ritrova col cuore avvinghiato ai cinturoni di Dome La Muerte e al mascara di Lilith, storditi e tuttoggi imbarazzati davanti al criptico mulinare di queste sei canzoni nere e crepitanti come poche, anche una vita dopo.

Franco “Lys” Dimauro – Rumore 05/03

Avete presente quei dischi entrati nella storia sotto forma di leggende metropolitane?
Ecco, appunto. Questo era uno di essi. Se ne parlava, se ne immaginavano i contenuti… ma ci sono voluti vent’anni prima che divenisse patrimonio pubblico. Ed era ora. Ad opera dell’attivissima Area pirata, specializzata in generi diversi dai nostri, esce finalmente “Land of Nothing”,il mitico miniLp dei grandissimi Not Moving che per vari motivi non vide la luce nel 1984.
Averlo ora tra le mani non può non procurarmi un brivido di piacer lungo tutta la schiena. Sporco, grezzo, vitale, il rock and roll tinto di scuro dei cinque loschi figuri ritratti in copertina in una delle loro immagini più celebri non può lasciare indifferenti.
E stupisce quanto siano attuali, in un momento storico in cui non si fa altro che parlare di gothabilly e cazzate varie cercando la new sensation a tutti i costi, questi sei brani scritti e registrati quando molti cosiddetti deathrockettari e simpatizzanti non erano ancora nati o ciucciavano ancora il latte, polverizzano tutto e tutti. L’irresistibile “Lights of the night”, la sorniona “In the batland”, la grigia “A wonderful night to die”… dio mio ma quanto erano grandi!!!! Niente lustrini, niente crestoni e calze a rete e teschietti e cazzate varie.
Solo rock and roll (perché si chiamava così, sbaglio?) diretto, sangue sudore e lacrime per un platter che se fosse uscito all’epoca avrebbe distrutto tutto e tutti. La chitarra acida di Dome La Muerte, la batteria zombesca di Tony Face Bacciocchi, le tastiere sulfuree di Maria Severine, il basso cadenzato ed energico di Dany D. e soprattutto la voce sexy e malata della sempre splendida Lilith sono di nuovo tra noi. Grande band. Grande.

Max – Erba della Strega ‘zine 12/04

Posi gli occhi sulla copertina e il tuffo al cuore è assicurato: la pelle nera dei pantaloni di Dome La Muerte e Danilo, la figura esile e sempre un po’ defilata di Tony Face, il fascino esoterico delle signorine Lilith e Mariella Severine non possono confondersi con nient’altro che con loro stessi: i mitici Not Moving!!!!
Una delle poche bands italiane per cui valeva la pena vivere e trascinare il culo in qualche fetido locale a saturarsi i canali uditivi nei primi anni Ottanta.
I Not Moving…cento anni in cinque e già capaci di scrivere un piccolo capolavoro come Land of Nothing e di tenerselo nell’utero per quasi venti anni riempendoci nel frattempo la casa di marmocchi belli (Sinnerman, Black ‘n Wild, Jesus Loves His Children), meno belli (Flash on you, Song of myself) e brutti (Home Coming) per ritrascinarci all’Inferno con il semplice schioccare di due dita.
Diciannove anni dopo, come se niente fosse. Insieme, noi e loro, all’inferno. Al gesto convenuto. Come se ci fossimo lasciati ieri, dopo un’altra birra bevuta assieme dopo il loro ennesimo concerto. Ti guardi indietro e vedi che di merda se ne è accumulata tanta sui tuoi scaffali, ma di roba che ti tira fuori le viscere e te le appende al collo come fanno canzoni come You’re gone away o A wonderful night to die veramente poche. Per quanti invece hanno poco da guardare indietro consiglio solo di prendere le ventimila lirette della paghetta settimanale e di fare la loro offerta alla Area Pirata per portarsi a casa questo mattone fondamentale del nostro rock ‘n roll.
Furioso, disperato, oltraggioso, sacrilego, crudo e appassionato. Benvenuti nella terra del nulla, è una notte magnifica per morire.

Franco Lys Dimauro – Fun House Magazine #5 – 09/03

Terminiamo come sempre con la ciliegina sulla torta, un disco, che se nel mondo ci fosse giustizia, avrebbe dovuto essere una ristampa, ma che in realtà rappresenta la prima pubblicazione, a distanza di 19 anni dalla data di registrazione, di Land of Nothing (Area Pirata/voto 80) dei Not Moving.
Una band la cui storia ha rappresentato una pietra miliare nella storia del rock and roll italico, e che, come spesso accadeva negli anni ’80, non è stata certo baciata dalla fortuna.
Psychobilly, Voodoo Rock, Cramps, Blues, Stiv Bators, Dark lisergico, Sixities, Gun Club, Surf e Punk, tutto negli stessi microsolchi.
Questo erano i Not Moving. Questi sono sei brani indimenticabili. E questo è un disco che esce dal suo sepolcro dopo quasi un ventennio, ma che, come sarebbe lecito attendersi da quei dischi che fanno storia, non sente affatto il peso degli anni.

Ricky Signorini – Flash 07/03

I sei pezzi che compongono questo mini Lp in formato 12″ risalgono al 1984 e furono incisi dai Not Moving a Cavi di Lavagna, sulla riviera ligure, sotto la supervisione di Paul Jeffrey, allora marito di Patty Pravo e fonico per gli Exploited.
Nelle loro canzonitrovano posto spunti provenienti dalla new wave, dal punk e dall’hardcore(Tony Face e Dome La Muerte erano membri di due leggendarie band del primissimo HC italiano: rispettivamente Chelsea Hotel e Cheetah Chrome Motherfuckers).
Qualcuno li ha (giustamente) paragonati agli X di Exene Cervenka. Ad ogni modo, graziea questa iniziativa di Area Pirata, che ha riscoperto e rispolverato del buon materiale di una formazione storica ed essenziale nell’evoluzione della scena musicale italiana, abbiamo la possibilità di ascoltare ancora una volta l’incantevole voce di Lilith e di stupirci per la carica innovativa delle sonorità proposte dai Not Moving, capaci di riproporre una brano classico come Pipeline e allo stesso tempo autori di canzoni sopra le righe come Lights of the Night, In the Batland e Land of Nothing.
Note a cura di Luca Frazzi e un inserto carino con testi, fumetti e locandine.

Vincenzo Merola – Vintage! 04/04

“Land of Nothing”, doveva uscire ben vent’anni fa, poi per vari problemi di produzione, è stato rimandato tutto, fino ad oggi.
I Not Moving, non sono mai stati uno dei tanti gruppi convenzionali da commercio, erano diversi, volevano essere diversi. Ragazzi questi hanno suonato con gruppi di altissimo livello nella loro carriera, (uno su tutti i Clash), questo gruppo rappresenta la storia dell’underground nostrano, rappresentano degnamente il rock degli anni ’80, questi non sono dei semplici ragazzini da spilla e blue jeans.
Nonostante la loro scomparsa dai circuiti musicali (il gruppo si è sciolto alla fine degli anni ’80), sono rimasti vivi nei tanti cuori della gente, forse oggi sono in pochi a conoscerli, ma loro nonostante ciò, continuano a far scatenare i loro fans attraverso la loro vecchia, acida musica. Il loro rock’n’roll era mescolato, miscelato da vari generi e sotto generi, come il blues e il punk dell’epoca, erano molto cupi nelle loro scelte, amavano essere liberi nella loro libertà filosofica, erano complicati, proprio come la loro musica, proprio come la loro mentalità da quattro soldi.
Attraverso i loro testi, sconvolgevano il paese, attraverso i loro suoni distruggevano le illusione e le falsità, attraverso tutto si limitavano a far musica e basta.
Questo disco è senz’altro il miglior testamento che potevano lasciarci, in questo disco sono sempre loro, con la loro solita voglia di stupire e di stupirsi. 6 pezzi, sei storie, 6 grandi passione da condividere con tutti..
Conclusione:la storia non si ferma mai, ma proprio mai!!

Piff – Passione Alernativa webzine 06/04

Su questo disco ‘fantasma’ dei Not Moving, la più grande formazione underground italiana degli anni ’80, si vagheggiava da tempo.
Esattamente dal lontano 1984, anno in cui la leggendaria formazione piacentina entrò in studio dopo aver realizzato i due leggendari singoli per Electric Eye (“Strange Dolls” e “Movin’ Over”).
Purtroppo, a causa del fallimento dell’etichetta che doveva pubblicarlo, il mini-Lp ‘Land of Nothing’ non vide mai la luce e a circolare tra gli addetti ai lavori fu solo un nastro che generò grandi aspettative.
A distanza di quasi vent’anni, ora quelle sei vibranti canzoni vengono finalmente alla luce grazie all’interessamento della piccola ma intraprendente indie-label Area Pirata che lo rende disponibile in una splendida edizione in vinile.
Semmai qualcuno avesse ancora dei dubbi, ‘Land of Nothing’ li dissolve tutti e ci fa comprendere quale fosse il valore dei Not Moving: una cult-band eccezionale che solo per maledette ragioni di passaporto non esplose anche al di là dei patri confini.
Un vero peccato, perché i cinque vestiti di nero – Lilith, Dome La Muerte, Tony Face, Danni D. e Maria Severine – avevano dentro il sacro fuoco del rock’n’roll. Lo stesso che animava nello stesso periodo , formazioni come gli X ed i Gun Club, oppure quei Cramps a cui spesso fuorono accostati per via delle influenze voodoobilly e per la comune passione per esoterismo e pratiche magiche.
Il loro suono rispecchiava tutto questo: era oscuro e vibrante, convulso ed ipnotico, come dimostrano le sei tracce – su tutte ‘In the Batland’, ‘Lights of the Night’ e ‘A Wonderful Night to Die’ – racchiuse in questo imperdibile pezzo di vinile.

Roberto Calabrò – Rockerilla 07-08/03

Affiora un reperto storico dal sottobosco rock italiano del tempo che fu. Il disco perduto dei Not Moving venne registrato nel febbario 1984 ma non uscì (l’etichetta che doveva occuparsene fallì prima di pubblicarlo).
Un vero peccato, dato che il quintetto piacentino stava vivendo il proprio momento magico: vuoi perchériusciva ad esibirsi finalmente di fronte a platee adeguate (gruppo spalla a un concerto milanese dei Clash e nell’intera tournée italiana di Johnny Thunders), vuoi soprattutto per l’equilibrio espressivo raggiunto.
Sono appena sei canzoni, sufficienti tuttavia a testimoniarne lo stato di grazia.
Simao, per chi non lo sapesse, nella zona gotica del punk. Modelli americani da emulare: Cramps, Gun Club, X. Sviluppandone per quanto possibile una rielaborazione originale. cosa che riesce loro egregiamente in brani come Land of Nothing e In the Batland, ma anche nella versione deragliante di Pipeline, standard sixties degli Chantays.
Musiche che suonano ancora oggi fresche e dinamiche, nonostante risalgano a quasi 20 anni or sono. Segno che se quel disco fosse uscito allora sarebbe diventato probabilmente un classico. Categoria alla quale viene consegnato ora col senno di poi.

Alberto Campo – Musica di Repubblica 01/05/03

Nessuno nasce imparato. Immaginate alla fine degli anni 70 un ragazzino in una paese di provincia fuori Milano, tra fans di John Travolta, Francesco Guccini e il rock “classico” (Deep Purple, Genesis, CSNY, le novità erano Van Halen, Dire Straits e AC/DC, mica il punk; su un campo di basket fu condivisa la tristezza per la morte di John “Bonzo” Bonham…).
Come un cagnolino questo kid sognatore annusa qua e là tra i dischi degli amici e dei fratelli maggiori degli amici, ma solo qualche volta trova chi gli scalda il cuore veramente (Springsteen, il primo a parlargli di hot rod, gli Stones, i CCR, qualche raccolta di Elvis o la colonna sonora di American Graffiti…no, non potrà mai appasionarsi veramente a Happy Days con i bulletti della scuola che imitano Fonzie…).
Arrivano i primi 80s e arriva pure qualche soldino che viene per i dischi in Clash, Jam, una raccolta degli Small Faces trovata al supermercato…alle superiori frequenta il piccolo liceo classico della cittadina e a scuola tutti quelli che ascoltano musica “altra”, dal blues al metal, si conoscono e si contano sulle dita delle mani.
Due amiche “innamorate” della new wave, da Adam Ant ai Culture Club ai Theatre of Hate (alla Bobby Jean…Good Luck, Maruska e Franca…) arrivano un giorno con una rivista trovata all’edicola della stazione e dopo Bauhaus, Siouxsie ecc…, sulle pagine in fondo c’è qualcuno che parla del “r’n’r future”, del trash inglese (Milkshakes e Meteors), di Bangles, Gun Club, il 45 giri di un gruppo che si chiama Chesterfield Kings che sembrano i Blues Magoos (chi? segnamoci ‘sto nome…), il mini di certi Green on Red byrdsiani… E solo guardando quelle copertine e leggendo quelle recensioni quel ragazzino rimane catturato, ha la sensazione di aver trovato quello che stava cercando, quello che “dentro” gli aveva fatto rifiutare che so il dark (non aveva fatto neppure il chierichetto…) o la NWOBHM.
Ora sapete di chi è la colpa, dove e come è comiciato tutto…
Già allora un nome italiano appariva tra le righe, i Not Moving.
Non era un garage “revivalista” il loro, ehi, si era appena agli inizi!; i Not Moving di Tony Face Baiocchi e Co. erano più vicini a band come gli X di Exene Cervenka o i Gun Club di Jeffrey Lee Pierce…ancor oggi il riff di Bad America mi dà i brividi!
Questo è il loro primo mini lp, inciso dopo due 7 pollici, per una etichetta che chiuse i battenti prima ancora di iniziare e così è rimasto inedito fino ad ora.
Basta ascoltare pezzi come Lights of the Nights, Land of Nothing o A Wonderful Night to Die per rammaricarsi che sia rimasto fino ad oggi nei cassetti.
Un grazie va all’etichetta che lo ha rispolverato. Ma anche e soprattutto ad una delle prime band che ci ha fatto sognare una pianura padana meno lontana dalle luci di L.A….

Ernesto Meazza – Jamboree 06-09/03

Interviste: