The Bidons Clamarama

CD digipack
Aprile 2016
Tiratura: 300 copie

Formato: Tag
Etichetta: Area Pirata

10.00

130 disponibili

The Bidons Clamarama

(Twelve pure garage rock bullets. Raids from screaming fuzz, piano, organ, theremin and sax create a sound structure influenced by the punk urgency, the power pop impulsivity, the surf carefreeness and the rough essentialness of rock and roll. “Clamarama” offers a twine of brash and percussive intrigues, a sonic explosion of disinhibition, sex, insanity and colours at a Sixties party!)Il 22 Aprile 2016, dopo poco più di due anni dal loro ultimo lavoro, esce il nuovo e terzo albumdei Bidons dal titolo “Clamarama”, coprodotto con Area Pirata, VDSS Records e MiaCameretta Records.
“Clamarama” è stato registrato in presa diretta presso i VDSS Studio (Morolo, FR). Dodici proiettili di puro garage rock. Incursioni di fuzz urlanti, piano, organo, theremin e fiati creano un impianto sonoro che attinge dall’urgenza del punk, dall’immediatezza del power pop, dalla svagatezza del surf e dalla ruvida essenzialità del rock & roll. È un intreccio di trame sfacciate e
percussive, un’esplosione sonica di disinibizione, sesso, follia e colori ad un party sixties.

The Bidons nascono intorno al 2005 grazie alla passione per il rock’n’roll, il garage ed il punk, ispirati dai loro idoli imbracciano gli strumenti e iniziano a produrre tanto “rumore”.

Nel corso degli anni sono particolarmente attivi nell’underground campano, suonando con gruppi internazionali come Fuzztones, Dirtbombs e Crash Normal e italiani come Bradipos IV, Rippers, Pitch, Fratelli Calafuria, 24 Grana, 99 Posse.
Nel 2011 danno inizio alle session di creazione e registrazione di pezzi propri di matrice prettamente garage ‘60-‘70. Nell’aprile 2012 esce il loro primo lavoro “Granma Killer!!!” (autoprodotto e distribuito da Area Pirata).

Nel 2012 il loro brano Too Much Fun viene scelto come colonna sonora di un cortometraggio 3D prodotto dalla Vancouver Film School. Il 6 dicembre 2013 i Bidons realizzano un secondo bruciante album dal titolo “Back the Roost” (coprodotto e distribuito da Area Pirata) dalle atmosfere garage e r’n’b, con incursioni surf e power pop ed una sempre viva attitudine punk.

Il 2014 i Bidons l’hanno passato suonando su e giù per lo stivale, e si è chiuso con un cambiamento che ha trasformato il volto della band: il chitarrista Nico Plescia, ha abbandonato il gruppo per nuovi orizzonti musicali.

Alla fine del 2015 e l’inizio del 2016, la band, nella nuova formazione, si chiude in studio per creare nuovi brani, dodici dei quali oggi compongono il loro nuovo album, “Clamarama” Oggi la line-up dei Bidons è composta dal fondatore Albino Cibelli (voce), con Gianmario Galano (chitarra), Ezio Marinato (basso) e Mario Siniscalco (batteria e percussioni).

TRACKLIST:


1. Do It Alone
2. French Words
3. 101 Ways
4. Backdoor Man
5. Fuck Tomorrow
6. Let’s Start from the Pants
7. Keith Is Dead
8. Help Me to Hell
9. By the Shore
10. Margaretha
11. Chain Reaction
12. Life Is a Bite

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Recensioni:

Il garage americano della metà degli anni ’60 non ha lasciato in Italia testamento, ed anzi è passato spesso inosservato, sia come genere in sé, sia come spunto originale per la diffusione di altri stili ben più noti e recenti; i Bidons sverniciano il sottosuolo campano prendendo spunto da quel grezzo rumore, così slacciato e fastidioso, ma che in dote portava un ritmo ballabile e scanzonato tanto da diventare l’inno di una generazione intera.

Cause she’s the witch: Clamarama è il terzo lavoro di questo quartetto che non si limita mai ad alzare i volumi e pestare con le distorsioni; elementi blues e swing, fraseggi rock ‘n’ roll d’ispirazione sixities , ma soprattutto un sound complessivo ammaliante, strutturato, che difficilmente parte per una tangente troppo rumorosa o troppo “fuzzosa”. Albino Cibelli, frontman istrione, la sei corde di Gianmario Galano, e la sezione ritmica di Ezio Marinato (basso) e Mario Siniscalco (percussioni) si fondono in un ensemble che corre veloce tra cambi di tempo dinamici, cori che si sovrappongono e variazioni di tema sempre molto puntuali e di buon gusto, trovando nel pianoforte o nel sax degli arricchimenti mai casuali. Le canzoni che compongono questo disco sembrano come piccole jam legate e nello stesso istante slegate l’una dall’altra, creando attraverso un ritmo sinuoso, una coperta sonora ricca di quel rock ‘n’ blues di cui si sente sempre piacevolmente la nostalgia. L’immediatezza è ragionata, rilasciata al momento giusto, eppure allo stesso tempo giudiziosamente istintiva; senza quel vizietto di esagerare, di rendere quell’energia naturale troppo pomposa o retorica, rispettando quelli che erano gli intenti del garage U.S.

All night till I blow away: Echi townsendiani aprono la furiosa Do It Alone (senza quella componente lisergica che sarebbe altrimenti fuorviante), la voce roca e viscida ripete ossessivamente un chorus-slogan di facile assimilazione. Lo stile di chitarra riprende i percorsi rock ‘n’ roll di Fred “Sonic” Smith specie quando i ritmi accelerano e le cavalcate di power-chords s’intersecano con le pulsazioni del basso o di una batteria che abbandona i piatti e si concentra più sui toni baritonali. Un’apertura del genere fa saltare dalla sedia, e non dissimile appare French Words , anche se in questo caso il debito verso il garage è meno spinto; ad ogni modo i Bidons maneggiano diversi stili prendendo di volta in volta quello che s’incastra meglio nell’alchimia sonora: dal rockabilly alle metriche blues, tenendo sempre alto il vessillo rock’n’roll.
Dal basso felino di 101 Ways , alle rapide di Backdoor Man (rilettura di uno dei temi cari al blues!) che si concede qualche licenza più psichedelica pur restando nei ranghi del rock, passando per Fuck Tomorrow , uno di quei brani che da soli trainano un disco intero per capacità di sintesi, intensità musicale ed irriverenza proto-punk.
Uno spazientito sax come se venisse da Funhouse fa capolino in Let’s Start from the Pants , eclettico bubblegum, intriso di un magnetismo che non ammette compromessi; viscido e ruggente è Keith is Dead che nonostante le velleità punk, mantiene salda la propria identità sixities: perché in fondo tutto Clamarama profuma di quelle sonorità scarne portate al successo dai vari Sonics e Count Five e fonte d’ispirazione per le rumorose band di Ann Arbour.
Help me to Hell e By the Shore si muovono sui bracci opposti di una bilancia, per diversità di approccio e dinamismo, risultando difficile fare una stima su chi prevalga; mentre Margaretha , per crudezza e cupezza, sa isolarsi dal contesto, mantenendo tuttavia inalterata l’innata propensione per il ritmo ed il rumore.
Chain Reaction è forse il brano più divertente (sarà quel lezzo vago che ricorda Stiv Bators e i suoi Dead Boys?); mentre la conclusiva Life is a Bite non fa che rimarcare le abilità dei Bidons in fase di arrangiamento, risultando sempre originali, nonostante i “presunti” limiti del garage sixities.

Yeah i know it just City Slang: Clamarama (Area Pirata/VDSS/MiaCameretta) è la testimonianza che il garage-rock che ha ispirato i vari hard-rock, punk, o indie-rock è sempre vivo ed attuale, e i Bidons sono stati bravi a comprenderne le potenzialità e a mescolare con intelligenza le mille improvvisazioni di cui quest’album si nutre, facendolo suonare potente e grandioso, nonostante gli anni sessanta e tutto il rumore che li ha preceduti.

Bambolaclara – Heart Of Glass blog 26/04/2016

A distanza di due anni dal secondo disco esce il terzo lavoro dei Bidons, intitolato “Clamarama”, registrato in presa diretta presso i VDSS Studio (Morolo,FR). Dodici pezzi di garage punk ma per dire la verità, lo dico da toscano, in molti pezzi mi ricordano due gruppi senesi che hanno tenuto banco in quegli anni come Fun House ma anche Wilderness Underground,la voce mi ricorda tantissimo quella di Engels Begani (uno dei miei vocalist preferiti). Chiaramente ciò che li distingue dai gruppi citati è l’attitudine più “garage” e meno punk. Manco a dirlo la band ha scorrazzato negli anni con gente come Fuzztones, Dirtbombs e poi italiani come Fratelli Calafuria, 24 Grana e 99 posse. Dicevo dodici pezzi apprezzabilissimi, ben orecchiabili ma non scontati, la band suona e si diverte, fa ballare e le note convincono. Quindi l’open Do it Alone,  che mi ricorda molto i Doo Doo Drivers,  101 WaysFuck Tomorrow  ma potrei tranquillamente farvi l’intera scaletta e segnalarvi ogni pezzo. Di livello!

Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 13/05/2016

Sommate i ’70, il Punk, il Garage, il Grunge e certa leggerezza à la Weezer e otterrete la terza esperienza discografica dei The Bidons . Nessun paragone scomodo e nessuna lesa maestà verso chi ha caratterizzato le tonalità di rock succitato: l’ascolto di Clamarama ve ne chiarirà subito il perché.

Sono italianissimi, di Salerno, reduci da un’esperienza decennale condita di collaborazioni anche internazionali, e la consapevolezza del lavoro longevo si traduce in un lavoro di ottima qualità, che risulta un’operazione nostalgia degli ultimi quarant’anni di rock. Un disco in cui si mescolano ordinatamente il clima caldo, spensierato, festaiolo delle spiagge californiane e quello sicuramente più sudicio e freddo di garage inglesi e statunitensi, creando un clima da tempesta.

L’energia di fuzz, batteria, chitarre e bassi slappati, la psichedelia di organo e theremin e i fiati di giustezza rendono ordinato e sofisticato il rumore; un casino ordinato, uno sporco lindo e cristallino che riempiono il vuoto e l’inconsistenza di tanti gruppi che hanno creato dispersione del genere sul terreno nazionale e che si propongono presuntuosamente anche in campo internazionale.

Le cuffie vi resteranno incollate per l’intera durata del disco, senza distrarvi con alternati alti e bassi. Ah, un consiglio dalla stessa band: “To be played at maximum volume”.

Voto: 3/5
Alessandro Rossi – RockLab 22/04/2016

La prima repubblica era appena stata spazzata via dagli scandali di tangentopoli e dall’azione del pool di mani pulite, un certo tipo di sinistra aveva ritirato su la testa e occorreva trovare in tutta fretta qualcosa e qualcuno che andasse a tappare il buco creatosi con lo scomparsa della DC, del PSI e dei loro satelliti.
Quello spazio lo occupò Silvio Berlusconi che, nel giro di pochi mesi, creò un suo partito denominato Forza Italia e vinse le elezioni andando ad inaugurare un nuovo sistema di potere. Tale clamorosa e repentina ascesa ebbe bisogno di tutto l’apparato mediatico in mano al cavaliere, egli mise in moto tutto il suo arsenale televisivo impegnando nella campagna elettorale gran parte dei personaggi che aveva al momento a libro paga, questo scatenò una vera e propria gara di servilismo che vide incontrastato vincitore l’ineffabile Emilio Fede. Ebbene cari lettori sappiate che io, nel giudicare questo disco, sarò come Fede nel parlare del suo mentore politico, assolutamente parziale.
Troppo facile esserlo quando si è conosciuto il gruppo in questione e si è creato con esso un feeling davvero particolare. Va beh, dai, parliamone lo stesso di questo Clamarama che vede sfilare nell’arco della sua durata dodici pezzi davvero riusciti: si apre con l’aussie-punk alla Radio Birdman di Do It Alone, c’è ovviamente spazio per il vecchio e caro garage di French Words e di Back Door Man, ma anche per l’hard-blues alla Hypnotics di Fuck Tomorrow, per lo spiazzante free jazz stoogesiano di Let’s Start From The Pants, per il pop obliquo alla Iggy Pop solista di By The Shore (la The Passenger dei Bidons), per chiudere con il garage-soul ultra groovy di Life Is A Bite dove si odono echi dei fantasmagorici Make-Up di Ian Svenonius. Ora dovrei tirare le somme e, viste le premesse, sarebbe troppo facile dirvi che questo album è davvero molto bello e che testimonia la crescita esponenziale della band campana, quindi vi dico di andarvelo ad ascoltare e solo allora giudicare sino a che punto possa essere arrivata la mia parzialità.

P.S.: Cari Bidons, non è che la prossima volta che venite a suonare in Liguria potete portare con voi la gentil donzella che appare sulla copertina dell’album

Voto 8/10
Il Santo – Indie-Eye.it 18/05/2016

Uno dei migliori lavori dell’anno di area “garage” arriva dall’Italia. E non è affatto un bidone. “Clamarama” converge compiutamente le tante ispirazioni e le molteplici anime che si muovono dentro i Bidons e che restavano latenti sui due precedenti dischi, mascherate dietro una smorfia di strafottenza che poteva indurre a dare poco peso a quello che invece, e Clamarama ne è la conferma, è un sapiente puzzle di umori trasversali che vanno dai Cramps ai Monkees, dalla Sonic’s Rendezvous Band ai Fleshtones incollando tessere di surf music, beat, rockabilly, power-pop con grande abilità. Un gioco, quello della varietà stilistica, che si rivela vincente nello stuzzicare costantemente il palato. Con gli strumenti e la voce che si adattano alla bisogna e al gioco delle parti cambiando quasi pelle pur senza perdere il vigore che li caratterizza. Mostrando uno sguardo ora un po’ più torvo, ora più conciliante. Un po’ come nel gioco della vita.

Voto: 7/10

b>Salvatore Lobosco – Frastuoni 03/06/2016

Veloci, supersonici questi salernitani The Bidons, una furtiva schiaffeggiata del miglior garage rock detroitiano che possa girare sulle strade underground di casa nostra, e Clamarama è “il circuito” ideale dove la formazione sfoga tutto l’impeto guascone ed alcolico del proprio spirito arrembante.
Ovvio che l’Iguana e certi Sonics, New York Dolls e MC5 sono presenti e saltellano in tutta la tracklist come santità perverse, ma il gioco a rialzo del quartetto è la propulsione generale a far rimbombare il fasto di un genere che cova sempre e comunque sotto le braci del rock, il saper rintuzzarne la frenesia malata e diretta con disinvoltura e “mestiere” che è da premiare oltre che da tenere strettamente sotto controllo.
Terzo disco per questi indemoniati dello speed e dodici brani al fulmicotone che spettinano e gonfiano lo stereo di energia fino a scoppiare, French Words, Back Door Man, Let’s Start From The Pants, By The Shore, Life Is A Bite , una scossa continua di elettricità e snodamenti di testa che in conclusione fanno bollire il sangue come mosto borbottante!

Franco Lys Dimauro – Distorsioni 19/05/2016

 

Non è facile, in particolar modo in Italia, suonare garage rock e non restare una band di nicchia, vuoi per i gusti medi degli ascoltatori, vuoi per la relativa inaccessibilità del genere in sé. Ogni tanto, però, compaiono delle band che possiedono, seppur in potenza, la capacità di compiere quel salto fuori dall’angusto recinto degli appassionati del sixties sound e farsi apprezzare da un pubblico più vasto e trasversale: The Bidons , consacrati dalla loro fresca pubblicazione discografica, sono certamente tra queste.
“Clamarama”, terzo lavoro in studio del combo salernitano, compie un salto di qualità e di originalità rispetto ai precedenti, dai quali si differenzia per un accentuato gusto pop sia nell’aspetto melodico e degli arrangiamenti che in quello della produzione. E questo è, per me, un grande pregio per una band underground: i brani nell’insieme compongono un disco compatto ed eccitante, fresco e godibilissimo, nel quale il fuzz della chitarra non scade mai in quel ronzio sporco ed assordante ed il lo-fi attitudinale non è usato come pretesto o, peggio, alibi per la scarsa qualità del materiale.
Tutto al proprio posto e nella giusta misura per comporre un piccolo gioiellino: fuzz, come poc’anzi detto, perfetto, power chord in stile Pete Townshend , influenze sia proto-punk ( MC5 su tutti) che contemporanee (come non citare i Black Keys ?), sezione ritmica quadrata, la farfisa, il piano ed il sassofono che compaiono qua e là arricchendo il suono della band senza deviarlo della sua identità, voce sicura di sé e coretti sublimi.
Sebbene il sostrato musicale del quale si nutre la musica dei Bidons resti sostanzialmente quello del garage rock americano della seconda metà degli anni sessanta, con Count Five e Sonics posti come numi tutelari, in questo disco emerge prepotente un altro grande ascendente, Iggy Pop , membro degli Stooges e quello solista, che illumina i brani talvolta di morbosità decadente e bluesy, altre volte di sensualità muscolosa ed animalesca.

Un album da ascoltare a volume alto, altissimo, non tanto, o non solo, perché così si gode e si balla di più, ma anche per diffondere il verbo e la musica di un’ottima rock’n’roll band della vasta periferia italica.

Antonio Romano – Rock.It magazine 28/07/2015

Dei The Bidons ci siamo già occupati in passato, del resto questo Clamarama è il terzo album della band e ancora una volta parte dai Sessanta per riversare sull’ascoltatore una miscela ben dosata di garage, punk, beat, rock’n’roll, surf e persino una spruzzata di swing a creare un caleidoscopio di stili, amalgamati dalla già citata vena garage che ricopre il tutto. La perdita nel 2014 di uno dei membri fondatori non ha fermato il cammino della band, che prosegue a macinare anthem. A “Let’s Start From The Pants”, ad esempio, è davvero difficile resistere, proprio per quel piglio mai troppo serioso e per l’energia genuina che sgorga dalle tracce di questo nuovo album. Al solito, qui non ci si inventa nulla, eppure il risultato è talmente coinvolgente e mai eguale a sé stesso da vincere senza fatica sui molti concorrenti impegnati a portare avanti la tradizione garage: sarà che ci si sporca le mani e non si ha paura di contaminare, soprattutto si utilizza la giusta dose di adrenalina per donare al suono un retrogusto di bettola, con quel taglio rock’n’roll e quel sapore di bourbon da cui non riusciamo proprio a star lontani. Non di rado, poi, avviene la magia di ritrovarsi tra le pagine di un numero di Rockerilla negli anni Ottanta, quando il revival garage la faceva da padrone con nomi quali Fuzztones, Miracle Workers, Morlocks, Chesterfield Kings e anche in Italia si riaccese per una breve stagione la fiamma del genere.

Insomma, se amate il garage ma non sopportate le pose da fighetti e le patinature, i Bidons potrebbero fornirvi la giusta colonna sonora per le scorrerie notturne. Giudizio positivo confermato senza tentennamenti.

Michele Giorgi – The New Noise 02/09/2016

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